Pagina:Guerrini - Brani di vita.djvu/147

Da Wikisource.

Le poesie di Angelo Viviani 137

sunzione, non arriva fino ad ammettere che un curato di montagna venga a pescarmi pel solo gusto di fare la mia conoscenza. Un perchè dunque ci doveva essere. Ma quale?

Pensai di offrire da bere al mio reverendo interlocutore, ma egli, senza interrompere il discorso, fece il suo solito segno di negazione colla mano, e tirò avanti a parlare di idealismo e di realismo.

Io cominciavo a riflettere seriamente alla digestione.

Quando Dio volle, cominciai a capire dove andava a cascare tutto questo discorso. Il curato tirò fuori di tasca un mazzo di bozze di stampa e vidi con raccapriccio che erano versi. Sono parecchi anni che passo la mia vita a trovare delle scappatoie per non leggere i versi che mi mandano perchè io dia un parere secondo il mio illuminato giudizio. Ho finito col non rispondere più a nessuno; ma questa volta dovevo pur dir qualche cosa. Un curato di quella robustezza non si può lasciare senza risposta come una lettera. Mi convinsi che la costoletta era decisamente asinina. Come mi pesava sullo stomaco!

Pensai, così alla prima, che i versi fossero del curato in persona, ma me ne diceva male con troppa convinzione perchè io credessi ad una finta da parte sua. Ne diceva corna; dunque doveva esser roba di un suo amico.