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142 Brani di vita

dove suppongo che si trovasse il seminario dell’anima sua ed abbandonò le serene regioni del linguaggio parlamentare.

Doveva toccare a me anche questa! Il mio curato aveva spiegato le vele a tutti i venti e bestemmiava le cose più sacre della religione cattolica, come il poter temporale, la prigionìa del papa e simili, quando io che non ne potevo più gli troncai a mezzo il discorso coll’apostrofe del Carducci:

Cittadino Mastai, bevi un bicchier!

e gli tesi il bicchiere colmo. Rimase col discorso a mezzo, esitò, poi scosse la testa come per dire mi decido! ed afferrò il bicchiere colla sinistra. Intanto alzò il pugno destro in aria, colla fronte corrugata e i denti stretti, brontolando: — Ah! Mastai! Mastai!

Se la Curia avesse visto che pugno nocchieruto era quello!

Bevve, riprese le bozze, contentissimo che i versi del suo amico non mi fossero piaciuti. Mi alzai in maniera di congedo, mi strinse forte la mano e se ne andò calcandosi il nicchio sul cranio con un gesto nervoso.

L’altro ieri la posta mi ha portato i versi di Angelo Viviani e la scena mi è tornata in mente, tanto che non ho potuto resistere al prurito di raccontarla tale e quale.

Fortuna che su per l’Apennino dei Viviani ce ne son pochi; se no, il Parnaso e il Vaticano starebbero freschi!