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192 Brani di vita

Lo corpo mio gelato in su la foce
     Trovo l’Archian rubesto, e quel sospinse
     Nell’Arno, e sciolse al mio petto la croce
Ch’io fei di me quando il dolor mi vinse:
     Voltommi per le ripe e per lo fondo
     Poi di sua preda mi coverse e cinse.


Versi troppo chiari e di evidenza tale che non abbisognerebbero di chiose. Per chi scende dalla Falterona e segue l’Arno che stroscia ancora stretto nella valle, il Pratomagno, catena di monti brulli nella faccia casentinese, è a destra, e il gran giogo, cioè la catena vera e boscosa dell’Apennino, è a sinistra. Le nubi, suscitate dal demonio, coprirono come un tetto la valle del Casentino e gonfiarono gli affluenti dell’Arno, specie quelli che scendevano dal gran giogo come l’Archiano, che trascinò poi il cadavere. Tutto è evidente, tutto è preciso, sino al vocabolo proprio, traversa, perchè l’Archiano e il Corsalone traversano appunto l’alto Casentino nei pressi di Bibbiena. E si noti anche come ci sia una rispondenza notevole tra questo contrasto del demonio coll’Angelo al capezzale dei morti (così comune nella letteratura del medio evo e rimasto fino a noi nelle stampe popolari) e quello di San Francesco col diavolo nel vigesimo settimo dell’Inferno, dove Guido da Montefeltro e Francesco sono vinti dal diavolo loico che se ne porta l’anima del padre appunto di Buonconte. Il dramma è lo stesso, ma l’epilogo è diverso. Là vince il diavolo che guadagna l’anima ingannata dal principe de’ nuovi farisei, qui vince l’Angelo perchè Buonconte muore pentito e per-