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206 Brani di vita

sto l’irrompere, l’infuriare degli interessi offesi col pretesto di questa paura. Non sono i sofismi che muovono o fermano gli avvenimenti, ma le necessità sociali: non sono gli eloquenti discorsi che hanno ragione nei tornei parlamentari, ma i bisogni che rappresentano; e se i Parlamenti o le classi dirigenti resistono, allora si infrangono fatalmente i cancelli e gl’interessi dei meno vengono travolti sotto quelli dei più e le riforme s’impongono e dopo pochi anni avviene di maravigliarsi come i legislatori siano stati tanto balordi da negare il provvedimento, il rimedio, persino la discussione. Così avverrà per molte questioni vivacissime oggi, tra le quali il divorzio non è che uno di quei rimedi palliativi che la cecità dei legislatori respinge.

E lo stesso Dumas, per quanto vegga bene e descriva meglio quel che c’è d’anormale nella nostra società e l’urgente bisogno di rimedi, se si vuole, non già per evitare, chè non si può, ma rendere meno disastroso lo scoppio necessario, si ferma anch’egli sul limitare del problema, quasi spaventato dalla sua orribilità. Anch’egli spera di arrivare alla conoscenza di Dio per mezzo della scienza, speranza unica e, temiamo, fallace, nella quale si rifugiano coloro che tremano dell’avvenire che intravedono. Spera anch’egli di giungere a conoscer Dio, cioè la nostra ragione di essere, il perchè siamo, il dove andiamo: e il suo Dio lo esaudisca. Ma c’è da temere purtroppo che l’uomo, sbugiardata la rivelazione, si fabbrichi inutilmente un Dio colle sue proprie mani e col suo proprio cervello. Questo Dio, nè carne nè