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Il primo amore 13

volta. È per questo che ricordando qualche avvenimento della vita, ci picchiamo la fronte brontolando: — Bestia ch’io fui! — È per questo che, pensando ora a quel ritrattino, mi ricordo che ne ero innamorato. Allora non lo sapevo.

Ero in collegio, tra i dieci e gli undici anni, e lasciavo vegetare tranquillamente la mia animalità, soffrendo il freddo nell’inverno e il caldo nell’estate come ogni fedel cristiano. Mangiavo con appetito formidabile i brodetti spartani e le polpette ripiene di mistero; saltavo come un capriolo, ridevo come un matto e studiavo poco. Credo anzi che non studiassi affatto, poichè la dottrinella del Bellarmino, che era la nostra fatica quotidiana, non me la ricordo più. Dico tutto questo perchè Ella si persuada ch’io non ero un fanciullo portento, ma un povero bimbo come gli altri, amico de’ trastulli, nemico del Bellarmino e martire dei geloni. Vivevo solo fisicamente ed ignoravo il resto. Ignoravo il male, quindi ero innocente, poichè la innocenza, tanto vantata, non è altro che la santa ignoranza.

Il mio collegio era un antico convento di camaldolesi, un labirinto di corridoi oscuri, di cellette basse, di scale inesplorate, di anditi misteriosi che conducevano a porte murate. Pareva una fabbrica architettata da Anna Radcliffe per qualche personaggio dell’Hoffmann. Il chiostro maggiore, di un disegno pomposo e vicino al barocco, circondava un giardino incolto, pieno di umidità, di muschi cresciuti sui viali, di solanacee pelose, di lauri lucidi, quasi metallici, sotto cui prolificavano le botte, i millepiedi e gli