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Il quarto Sacramento 233

e mi trovai con la bella prospettiva di cinque mesi di noia futura. Che fare?

Nel rovistare le carte della successione, avevo trovato alcune lettere di don Paterniano, nelle quali comunicava al mio povero zio la sua promozione a superiore del convento di Monte Stella vicino a X***. Infatti il mio antico pedagogo si era fatto frate camaldolese e si chiamava ora padre Romualdo.

A leggere quelle lettere, mi venne la matta idea di farmi frate provvisoriamente e di gustare la pace profonda del monastero.

Ero tanto angustiato di quel ch’era accaduto, ero tanto annoiato di quella solitudine in cui mi trovavo per forza, che pensai a farmi solitario sul serio per qualche mese, sperando di riprendere forze morali e nuova capacità d’illusione e d’entusiasmi.

Scrissi dunque a padre Romualdo chiedendogli se mi accettasse come frate dilettante, obbligandomi a pagare il mio mantenimento e a non turbare per nulla le consuetudini e gli scrupoli dei suoi frati.

Il padre mi rispose lietissimo, dicendomi che mi aspettava a braccia aperte; mi chiedeva quanti metri e centimetri fossi alto per farmi fare la tonaca subito; mi avvertiva di lasciar crescere la barba e, nella poscritta, insinuava che quanto a vitto starei bene, ma quanto a bere avrei agito prudentemente cercando di portar meco qualche bottiglia, poichè la cantina del convento era vuota, imponendo la regola di bere acqua pura.

Questa raccomandazione mi fece ridere, poichè mi ricordai che padre Romualdo, quando era don