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386 Brani di vita

davanti al signor Pretore, e quel che ne seguì, l’ho detto più sopra.

Eccomi dunque, imputato, a cercare un esemplare dell’infelice sonetto e a sottoporlo alla critica degli avvocati e dei procuratori più competenti che io mi conoscessi. Mi ridevano in faccia, forse perchè avvezzi a questioni ben più gravi e i discorsi finivano in barzellette, tanto a loro pareva misera e piccina la faccenda che portavo in giro. Ma a me premeva e preme. Ho cinquantatre anni e non ho mai seduto sullo scanno degli accusati nemmeno per una contravvenzione. Non dico certo che ne provassi agitazione soverchia, poichè in fondo era forse più una stilettata di partito che di persona e le condanne politiche nella opinione pubblica non disonorano. Ma insomma stavo in una certa perplessità, tanto che finalmente scrissi a Faenza, di dove ebbi la conferma della querela data in pompa magna e collettivamente.

E intanto sentivo certi discorsi di persone clericali ed ebbi anche visite di preti. Aborro i principii, ma non gli uomini che in buona fede li professano e conosco dei preti che stimo e dei quali anzi invidio le virtù. Se tutti i preti fossero come quelli che stimo io e che della religione hanno una idea più larga e più pura di quella che impongano le strettezze di una fazione, non si sarebbe a questi ferri. Ma sentivo che volevano qualche cosa da me. Stimo queste persone, e sono persuaso che, a malgrado delle differenti convinzioni, stimino un poco anche me. Perciò non ricevetti proposte concrete di qualche cosa che somigliasse a ritrattazione o a protestazioni di pen-