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Pagina:Guerrini - Brani di vita.djvu/419

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Per un sonetto 405

chezze del dominio perduti. Rizzano la loro cattedra sull’altare per maledire la legge, ma ricorrono al Giudice perchè punisca coloro che di questa politica e di questa religione non vogliono sapere. Altri ben migliori di me soffrirono le vergate, gli esili, le catene, la morte per la libertà e la unità della Patria ed io non mi crederò certo degno della palma del martirio se dovessi pagare poche lire di multa o scontare pochi giorni di carcere. Ma la causa è sempre quella, la battaglia è sempre quella, il Papa contro il Re, il biancogiallo contro il tricolore, la tirannide contro la libertà; e se è delitto il combattere per la integrità della Patria, ebbene, i Magistrati mi puniscano pure perchè la pena l’ho meritata.

Ma per ora basta, che La tediai fin troppo e se la cosa durasse, non mancherebbero tempo e voglia a seguitare. Intanto La prego rispettosamente a volermi scusare per la noia che forse Le ho recato; ma non potevo a meno di difendermi, poichè in altro modo non mi è dato di farlo. E nel finire questo che spero primo ed ultimo stadio della mia difesa, concludo instando che, considerate le cose sopradette, piaccia alla S. V. Ill.ma decretare: non farsi luogo a procedere per inesistenza di reato contro il

Suo dev.mo
Olindo Guerrini1


  1. Ingiurie ad un Vescovo! Fummo condannati tutti con entusiasmo, compreso un egregio signore che non aveva mai scritto una riga nel Lamone, ma distribuito per conto suo una preghiera sua che si ritenne offensiva a Monsignore. Il reato, se era tale, era ben diverso per circostanze di luogo,