Pagina:Guglielminetti - Anime allo specchio, Milano, Treves, 1919.djvu/186

Da Wikisource.
176 è scritto nel destino

di lento esaurimento; fermamente aveva manifestato all’amante la necessità di troncare quell’amore di colpo e di separarsi per sempre.

Il treno andava attraverso la notte col suo rombo eguale e il silenzio durava nella breve cabina chiusa. Ancora pochi minuti ed Ugo Leardi sarebbe disceso in una piccola stazione male illuminata, sarebbe scomparso nell’ombra per sempre. Ora egli indossava adagio il suo soprabito, poneva a terra la sua valigia, sulla cuccetta il cappello e l’ombrello e per l’ultima volta stringeva Enza fra le sue braccia con avida passione.

— Addio, addio, addio, bambina, dolcezza, anima mia. Addio; non guardarmi così con quegli occhi sperduti. Non vedi che piango se mi guardi così?

Ella piangeva veramente, abbandonata sulla spalla di lui, smarrita, dolente, chiedendosi se non fosse stata troppo crudele o troppo imprudente a volere quella fine.

Con una scossa brusca il treno si fermò. Egli depose un ultimo bacio leggero sui capelli di Enza ed uscì nel corridoio preceduto dal custode che portava la sua valigia. Enza lo accompagnò in silenzio, in silenzio porse alle sue labbra la destra, mentre egli, a terra, seguiva d’alcuni passi il treno che già si muoveva. Quindi lasciò quella mano e rimase fermo nell’ombra della stazione quasi buia, finchè si confuse nell’oscurità della notte.