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310 allegro, ma non troppo

gedo e mentre stringeva le mani alla malata e l’amica le cingeva la vita col braccio per condurla verso il giardino, ella ristette, sollevò il capo, rimase in ascolto.

Dal fondo della strada salivano alcune squillanti note di tromba e ripetevano un noto motivo, allegro, vivace, caratteristico: la piccola marcia del Don Giovanni. Il motore ansava rombando lungo la salita e il suono che lo accompagnava s’avvicinava sempre più, finchè squillò chiaro, lungo e vibrante sotto la terrazza.

— Che ascolti? — le domandò la signorina Altavilla sorridendo. E subito soggiunse: — È il segnale di una automobile che passa qui ogni giorno e ogni volta si ferma a quel villino laggiù.

— Quale? — domandò la Galeata con voce un po’ roca e si sporse dalla balaustrata mentre l’automobile di suo marito passava. Ed ella vide ch’egli non era solo.

— Laggiù, a quel cancello con le lancie dorate, — spiegò l’altra indicando una casa elegante in fondo alla via, — dove abita una bella signora bionda, dicono una contessa fiorentina, molto emancipata. — Ecco, — ella continuò ponendosi ad osservare con un binoccolo da teatro. — Oggi rientrano insieme. Ella è elegantissima come sempre ed anche il suo amico ha una figura molto distinta, sebbene non si riesca mai a vederlo in viso