Pagina:Guglielminetti - Anime allo specchio, Milano, Treves, 1919.djvu/341

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e ogni volta ch’io finivo di leggere un plico aprivo la valigia, ve lo riponevo, la richiudevo con cura. M’accorgevo intanto che la mia vicina osservava di sotto le ciglia i miei movimenti ed ogni qual volta il coperchio della valigia sollevato le poneva sottocchio il quadretto di cuoio che recava inserito il nome e la professione di Mario Scotti, ella vi gettava un rapido sguardo il quale subito si volgeva a me balenando di curiosità.

Mi venne interiormente una gran voglia di ridere. La viaggiatrice conosceva certamente di fama l’amico mio, forse ne aveva letto l’ultimo libro, Oltre la civiltà, quello che interessava e attraeva come un romanzo d’avventure e non le pareva vero che il caso le concedesse di viaggiare sola, per molte ore, accanto a quell’uomo celebre, pieno di temerità e di sapienza, che tutta l’Italia ammirava.

Dapprima forse non le era sembrata possibile tale fortuna, ma poi il nome, quel nome unico, seguito dalla parola «Esploratore» chiaramente impresso sul biglietto, non poteva lasciarle alcun dubbio.

Ero proprio io Mario Scotti, ero proprio io l’uomo fortunato al quale la bella viaggiatrice rivolgeva ora i più benevoli e i più ammirativi dei suoi sguardi.

Risolsi naturalmente di lasciarla nell’inganno e di secondarlo con abilità, diverten-