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tarla con me nel mio primo lungo viaggio di esplorazione, ma il mio viso s’era talmente oscurato alle sue parole e il mio silenzio era stato così poco incoraggiante ch’ella non aveva più osato insistere nè tornare sull’argomento.

Si era a questo punto e la nostra relazione sempre più tenera e più fervida durava da un mese e mezzo, quando una lettera di mia madre la quale mi scriveva di rado ma sempre per ragioni gravi, mi avvertì che la salute di mio padre le destava da un paio di settimane qualche preoccupazione e che desiderava consigliarsi con me onde farlo visitare da un diagnostico di valore e costringerlo a intraprendere una cura.

Mi occorreva dunque partire senza indugio, lasciare Elena e tutte le gioie, le trepidazioni, le esaltazioni ch’ella rappresentava; occorreva lasciarla almeno per qualche tempo, per qualche settimana, corrispondere con lei soltanto per mezzo delle parole scritte, leggere e non più udire le sue espressioni così appassionate e tenere, vivere con lei per mezzo di tutte le facoltà dello spirito, ma non più sentirla palpitare fra le mie braccia.

— Scrivere, scrivere, — riflettei d’un tratto fermandomi in mezzo alla mia stanza che percorrevo meditando in lungo e in largo; — perchè ella mi scriva dovrò dirle il mio nome; questa volta non c’è scampo, non c’è più vi-