Pagina:Guglielminetti - La porta della gioia, Milano, Vitagliano, 1920.djvu/115

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la fiaccola dell’illusione


In quel momento il campanello squillò acutamente.

— Anche perchè — soggiunse Demarinis — la persona in questione giunge in questo momento e me ne mancherebbe il tempo.

La persona in questione giungeva difatti, ed era la cognata della signora Angelica, la marchesa Alvazzi, la giovine sposa di un suo minor fratello, ed apparteneva quindi a quella nobile ed austera famiglia, intransigentissima in fatto di morale, in cui tutti i mariti potevano per tradizione vantare la perfetta fedeltà delle proprie mogli.

Le due signore si abbracciarono con molti affettuosi vezzeggiamenti, quindi la marchesa Alvazzi salutò con disinvolta cordialità Gigi Demarinis, il quale s’inchinò a baciarle la mano.

— Vi siete ricordato di portarmi il mio romanzo? — ella gli chiese levandosi indolentemente un guanto e sollevando quasi a fatica alle sue labbra la tazzina fumante.

— Eccolo, marchesa, il vostro Farrère — egli rispose porgendole il libro avvolto in un foglio bianco e chiuso da un cordoncino di seta violacea.

Ma la signova Mari fu rapida ad afferrarlo al passaggio.

— Mi permetti di tenerlo e di leggerlo anch’io? Se tu sapessi quanto mi piace questo nuovo Loti e il sapore esotico dei suoi libri! Me lo lasci qui senz’altro, non è vero?

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