Pagina:Guglielminetti - La porta della gioia, Milano, Vitagliano, 1920.djvu/15

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lettere d’amore

buttarla fuori dell’uscio di casa mia. Ecco che cosa leggo!

Egli era balzato in piedi e parlava con raccolta veemenza, col viso incontro al viso di sua moglie, la quale ad ogni frase indietreggiava di un passo spalancando sempre più due grandi occhi pieni di terrore e d’innocenza.

— Tu puoi parlare così, Arturo, tu puoi credere questo?

— Non si tratta di credere o di non credere. La cosa è più semplice. Si tratta di leggere e di comprendere parole ben chiare, documenti sui quali non è possibile alcun dubbio. Ecco di che cosa si tratta. Tu, nella casa di Villalta, un anno e mezzo fa, durante la villeggiatura ricevevi di nascosto un uomo, e quest’uomo ti scriveva quasi ogni giorno quattro pagine fitte, compiacendosi d’evocare nel modo più sfacciatamente verista le piacevoli ore d’intimità che gli concedevi. La cosa è semplice, naturale, chiarissima, ed è semplice, naturale e logicissimo che io, marito classicamente inconsapevole, apra finalmente, sebbene un po’ tardi, gli occhi e ti mandi a finire i tuoi giorni fra le braccia del mio fortunato e ignoto rivale. Non c’è altro!

Egli s’era appoggiato col dorso incontro alla scrivania e con le braccia conserte sul petto, la fronte alta, gli occhi ben fissi innanzi a sè, ra-


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