Pagina:Guglielminetti - La porta della gioia, Milano, Vitagliano, 1920.djvu/193

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come guarì luciana vannelli

con una segreta trepidazione, frenando l’impazienza del passo. Sapeva d’incontrare in qualche folto d’ombre più inesplorabili, fra il colonnato fitto di una pineta o in una radura inghirlandata di ginepro il suo giovine amico che l’aspettava.

Tornarono a raccogliere le more ai piedi del muricciuolo sgretolato, ed egli la sollevava fra le sue braccia affinchè giungesse ai rami più alti che dondolavano mollemente i lucidi grappoli, quasi offrendoli alla loro ghiotta tentazione.

Si rincorsero come due ragazzi nella boscaglia sonante d’echi, nascondendosi per gioco dietro i tronchi più arrotondati o nell’incavo di qualche castagno decrepito.

Cercarono i funghi, frugando con un bastoncino fra lo strato delle foglie secche o nel muschio morbido e denso, che rivestiva certi nascondigli ignorati dal sole.

Ella si sentiva vivere più intensamente, con una più sana e più limpida freschezza vicino a quell’essere così prossimo alla natura, pieno di raccolta forza e di chiara semplicità, il quale l’amava con un fervore quasi selvaggio e insieme con una trepida paura, il quale nei momenti di maggiore tenerezza le parlava con un linguaggio immaginoso, con espressioni di devota preghiera, e nei momenti di gioia e di giocondità la portava con leggerezza nelle sue braccia, come una bambina, stringendosi al petto quel tesoro pre-

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