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amalia guglielminetti |
Dopo un’ora e mezzo d’attesa il contadinello tornò di corsa annunziando che il padrone sarebbe arrivato fra poco in carrozza con la signorina.
— Quale signorina? — domandò burbero il vecchio, afferrandolo ad un braccio e scuotendolo con energia.
— Non so come si chiami, — strillò il ragazzo, torcendosi per liberarsi dalla stretta. — Quella signorina che era con lui — spiegò quindi fuggendo rapido col fruscìo d’ali dei suoi piedi scalzi e precipitandosi a ricevere la moneta d’argento che la signora gli porgeva come compenso.
Questa, dritta sulla soglia del cortile, col petto ansante e la faccia dura sotto l’ombrello di seta azzurra, guardava la carrozzella che avanzava verso di lei con una esasperante lentezza riconducendole quella sciagurata creatura di sua figlia.
Allorchè Luciana balzò a terra dall’alto predellino, tentò di sorridere a sua madre, che la salutò con ostentata naturalezza.
— Buon giorno, mamma. Perchè incomodarti a venirmi incontro? Sarei tornata oggi a Belprato.
— Taci almeno, disgraziata, — le mormorò cupamente la signora Vannelli. — A Belprato, dopo quanto è accaduto, non metteremo più piede.
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