Pagina:Guglielminetti - La porta della gioia, Milano, Vitagliano, 1920.djvu/212

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amalia guglielminetti


— Miserabile no. Una vita primitiva, mamma. Quella che il dottore mi ha ordinato e che giova magnificamente alla mia salute.

— Ma io mi oppongo. Con tutte le mie forze mi oppongo.

— Ormai è troppo tardi, mamma.

— Nè io, nè tuo padre ti permetteremo di rovinarti con una simile vergognosa follia.

— Ho ventidue anni, mamma.

Erano giunte passo passo fin sotto le fronde del noce secolare il quale allargava patriarcalmente le ampie braccia ad accogliere a sè quella sua vecchia figliuola già dispersa pel vasto mondo e quella figliuola giovinetta che dal vasto mondo gli ritornava.

La signora si lasciò cadere sul sedile di pietra crollando il viso nascosto nel fazzoletto, gemendo e lamentandosi con una flebile voce inarticolata.

— Ascolta, mamma.

In piedi dinanzi a lei, sottile, pallida, vibrante nel suo abito oscuro, Luciana difendeva l’amore suo piegandosi verso di lei, congiungendo le mani come se pronunciasse una preghiera.

— Ascolta, mamma. Lasciami parlare una volta con sincerità, senza le superbie e senza le vergogne convenzionali che ingombrano il cervello e oscurano il ragionamento alle persone della nostra condizione sociale. Nessuno me lo

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