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l’erede |
un lungo banco ed ascoltava in silenzio, non ostante se stessa, le parole del giovinetto.
— Mia madre è morta un mese fa e mi ha lasciato completamente solo. Non per spirito religioso, ma perchè ella veniva ogni giorno a pregare in questa chiesa, io vengo ora qui a cercarvi la sua anima e sento che ciò le fa piacere, e ciò la consola nell’al di là. Ella pure, signora, vi viene spesso. Io lo so, la osservo da qualche giorno e mi pare ch’ella sia molto infelice.
— Oh sì! — esclamò la donna con un sospiro chiudendo gli occhi e portandosi le mani alle tempia. E in quel gesto si racchiuse e si rivelò tutto il suo lungo e il suo vano tormento.
— Io so il suo nome, — disse ancora con un mite sorriso il giovine quando ella s’alzò per andarsene. — Lo chiesi ier l’altro allo scaccino, tanto viva era la mia curiosità su di lei; ed eccole il mio.
Le porse un biglietto listato di nero con le parole: Eugenio Leonardi, seguite dall’indicazione di una via e di un numero.
Ella lo nascose nella borsetta, uscì, salì nella sua carrozza e s’allontanò con un cenno del capo.
Si rividero due giorni dopo nella chiesa deserta ed ella s’accorse di non aver vissuto in quei due giorni che nell’attesa di quel momento.
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