Pagina:Guglielminetti - La porta della gioia, Milano, Vitagliano, 1920.djvu/83

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l’erede

parole, poi congedò il legale, fece chiamare suo nipote e in silenzio gli porse il telegramma.

Il conte Anselmo lesse, rilesse, si morse le labbra con ira e guardò sbalordito lo zio che lo fissava ironico attraverso i suoi occhiali mentre un silenzioso riso, saturo di scherno gli scuoteva le spalle curve.

— Povero Anselmo! Sei stato spodestato e, lo devi riconoscere, anche sorpassato. Ma Doretta è felice, ed anch’io.

Suo nipote gli lanciò uno sguardo bieco.

— Tu che c’entri? E perchè devi essere felice?

Il vecchio si drizzò sulla persona con una gioconda fierezza; e rispose calmo:

— Perchè tua moglie m’ha dato finalmente l’erede.

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