Pagina:Guglielminetti - Le ore inutili, Milano, Treves, 1919.djvu/12

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ora dolcemente in un’armonia più discreta e più raccolta.

I larghi occhi neri di Ottavia fissavano i larghi occhi neri del ritratto che apparivano immensi e profondi nella penombra.

Era stato quello sguardo immenso e profondo, segnato con pochi tratti di colori da un pittore grande e modesto, ora morto, ad avvicinare quasi d’improvviso i loro destini in un amore durato oltre due anni e pieno di tumultuosa intensità di vita.

Dino Altavilla vi si era fermato dinanzi in una esposizione d’arte, lo aveva osservato contemplato meditato interrogato a lungo, per molti giorni, finchè si era risolto ad acquistarlo per giungere a conoscere, se veramente esisteva, la creatura umana a cui splendevano in volto quegli occhi.

Codesta creatura umana esisteva, era una giovane signora sola, che abitava una villa in una piccola città di provincia, dove il pittore, passando per svago un’estate, le aveva fatto, per proprio diletto, il bel ritratto a pastello.

Il permesso di venderlo ad un ammiratore sconosciuto che il ritrattista le chiese per iscritto, il gentile consenso della signora e una successiva lettera di ringraziamento di Altavilla gli porsero l’occasione di una corrispon-