Pagina:Guglielminetti - Le ore inutili, Milano, Treves, 1919.djvu/169

Da Wikisource.

L'uomo tinto 161

e molto distrugge, qualcuno rimaneva ancora dopo anni e anni a vivere entro le stesse stanze la sua esistenza consueta, dietro una delle porte allineate sui pianerottoli, sulle quali la targhetta di metallo col nome inciso in nero sembrava il numero d’ordine cucito sul berretto del detenuto.

L’uomo tinto abitava sempre nel suo buio alloggetto del pianterreno, la coppia Dellaris non aveva abbandonato il suo chiaro appartamento dell’ultimo piano. Ma il nome del vecchio marchese ricchissimo e avarissimo non tornava più nei loro discorsi. Lo guardavano ormai dall’alta terrazza uscire e rientrare, lo vedevano passare e ripassare nero, curvo e sfuggente sotto i loro occhi, senza interesse e senza curiosità, figura ormai sbiadita, profilo comune nel piccolo cerchio del loro orizzonte quotidiano.

Talvolta Riccardo, il marito, gli dirigeva ancora nei giorni d’umor gaio qualche innocua ingiuria o qualche allegro motteggio sperduto tra il fumo della sua sigaretta, ma Nora pareva non udire e non rispondeva. Ella s’era leggermente ingrassata pur conservando sempre la bella linea elegante d’un tempo. Le rimaneva tuttavia in fondo allo sguardo, sotto la ruga profonda che univa i due sopraccigli,