Pagina:Guglielminetti - Le ore inutili, Milano, Treves, 1919.djvu/171

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L'uomo tinto 163

pietra il ticchettio sonoro dei suoi tacchi parigini.

Ma un giorno, era una mattina piovosa e fredda di marzo e Nora s’alzava appena dal letto, le entrò in camera tutta sgomenta la figlia del portiere, una giovinetta quindicenne ch’ella quasi non conosceva, per avvertirla tremando e balbettando che il vecchio signore del pianterreno stava male, male da morire e la chiedeva con insistenza presso di sè.

Riccardo era partito la vigilia per una città di provincia dove discuteva una causa d’affari ed ella non esitò. Acconsentire al desiderio del vicino poteva sembrare un semplice e doveroso atto di pietà verso un infermo. Si vestì di scuro, discese con le ginocchia malferme e la schiena percorsa da brividi di gelo ed entrò nella stanza buia dove il marchese Licandri agonizzava solo.

Ne uscì a sera tarda, quand’ebbe chiusi con le sue dita gli occhi del morto e accesi due ceri ai piedi del piccolo letto di ferro dov’egli giaceva.


Ella visse i giorni che seguirono in una trepidazione angosciosa, in un’ansietà fremebonda e quando, dopo una settimana, Riccardo tornò,