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Il ritratto a pastello 11

ritamente, come per salutare un’ultima volta le cose familiari che sapevano il suo amore, che lo avevano per tanto tempo accolto e tutelato benigne.

Il ritratto a pastello le ricambiò il suo sguardo accorato, la fissò con quegli occhi immensi e profondi che rassomigliavano ai suoi, ch’erano i suoi, parve dirle con taciturna angoscia: — E io resterò qui sola mentre tu andrai lontano. Quest’altra te stessa rimarrà qui, vedrà forse un amore che non sarà più il tuo, assisterà a una gioia e a un dolore che ti saranno ignoti, soffrirà dell’inganno e del tradimento e non potrà non guardare, non potrà chiudere i suoi occhi immensi e profondi. Dovrà vedere, sapere e sarai tu che vedrai e saprai.

Allora Ottavia Dimauro salì sul divano giallo, sciolse il cordone d’oro che assicurava alla parete il quadro e lo discese cautamente, cautamente lo depose a terra, sul tappeto persiano.

Il cristallo terso e sottile che proteggeva la figura scintillò sotto la luce intensa delle lampade ed ella posò il piede su quegli occhi che la guardavano ancora, ve lo premette con tutto il suo peso, con tutta la sua forza. Il vetro cedette scricchiolando, le fenditure s’allarga-