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Pagina:Guglielminetti - Le ore inutili, Milano, Treves, 1919.djvu/32

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24 le ore inutili


la sua casa era povera d’opere e poverissima d’arte, ma invitandomi tuttavia ad entrarvi quando mi piacesse. Allora, senz’altre divagazioni, io lo ringraziai del suo omaggio silenzioso, lodando la gentilezza e il profumo del suo cestello di mughetti e soggiungendo ch’esso era stato per me un dono squisito, degno di uno squisito artista come lui.

— E che cosa rispose lo squisito artista?

— Tornò a schermirsi timidamente, negando con aria di mistero d’essere lui stesso il colpevole di simile arditezza, ma alle mie insistenze finì col tacere, lasciandomi comprendere che non aveva osato manifestarmi in altro modo la sua ammirazione appassionata e che quei fiori mi portavano tacitamente le parole oscure che occupavano il suo pensiero, ma ch’egli non avrebbe mai ardito rivolgermi. Ed ecco come cominciò il mio fidanzamento, caro professore, ecco per quale via io sono giunta alla felicità.

Valenzi non rispose subito. Si pulì con cura gli occhiali che gli parevano annebbiati di un vapore grigio ed aperse e richiuse due o tre volte un libro deposto accanto a sè sulla scrivania.

— Che cosa debbo fare? — si chiedeva frattanto. — Rivelare la sottile ipocrisia e lo scaltro opportunismo di quel giovine pittore che