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194 discorsi del reggimento di Firenze


de’ tiranni, perché allora, sendo oppressa dalla forza, aveva causa di lamentarsi ma non di vergognarsi, ora ributtata ogni di sotto titolo che la non meriti, ha el danno grandissimo ma el vituperio maggiore.

Non veggono che continuandosi le piú fave, si faranno e nutriranno le intelligenzie; perché poi che poche fave danno lo scacco matto, centocinquanta o dugento fave che si intendine insieme, sono atte a spignersi l’un l’altro molto innanzi, né a questo medicheranno le legge della cittá, perché uno numero si grosso non si manomette facilmente; perché se e’ magistrati sono in mano di questi tali, come puniranno lo errore col quale si esaltano? E quando pure si potessi provedere, non è molto piú lodata e piú santa una republica ordinata in modo che gli errori non vi possino nascere, che quella che gli aiuta nascere per gastigargli poi? Ma che dico io che le intelligenzie si faranno? Non è ella giá fatta di tutte queste qualitá di uomini che io ho detto di sopra, che non rendono le fave se non a loro medesimi ed a’ loro simili, e con questa concordia che gli è naturale, tengono suffocati noi altri? Alla quale bisogna provedere o co’ modi violenti e scandalosi, il che potremo fare facilmente perché siamo molti piú, o con questo modo temperato e piacevole, che dolcemente, sanza danno publico, provede a metterci tutti in vera libertá. Dico in vera libertá, perché se noi consideriamo bene, ci hanno mostro insino a qui la libertá, ma non data, avendoci posto le fave in mano, e persuaso che noi abbiamo tutti a participare gli onori ed utili; e da altro canto acconciala in modo, che con la voluntá di noi medesimi, sanza arine, sanza alterazione godono tutto el grasso, e noi siamo restati famigli loro, e stiamo continuamente a bottega per loro. Corriamo a questo consiglio furiosi come fa l’orso al mèle, e non ci accorgiamo che è fatica e servitú sanza profitto, e che in capo dello anno se facciamo bene e’ conti nostri, non torniamo a casa carichi di altro che di appuntature.

Adunche, prestantissimi cittadini, sendo le condizione vostre cattive se non si provede, e la provisione onesta, giusta,