Pagina:Guicciardini, Francesco – Scritti autobiografici e rari, 1936 – BEIC 1843787.djvu/201

Da Wikisource.

oratio accusatoria 193


Ma non mi lascia la natura del caso avere questa paura; perché se in messer Francesco fussi solo el peccato della ambizione ed el pericolo che da’ suoi cattivi fini porta la libertá della cittá, ma el resto della sua vita non fussi maculato da peccati gravissimi, o se per el contrario e’ costumi fussino corrotti, ma lo animo e le condizione aliene da turbare lo stato della republica, io dubiterei forse che o la integritá degli altri costumi lo difendessi da’ carichi della ambizione, o che el non essere lui formidoloso alla libertá facessi che a scusare gli altri peccati valessino piú che la giustizia, gli immoderati favori ed estraordinari mezzi che voi vedete che usano gli amici e parenti suoi. Ma concorrendo in lui tutte queste cose ed in modo che non si possi facilmente discernere quale sia maggiore o lo odio o el pericolo, nessuno è che abbia mai dubitato quali abbino a essere le vostre sentenzie, nessuno che non l’abbia tenuto per condannato el dí medesimo che fu chiamato in giudicio. Perché per cominciare da’ peccati della avarizia e delle rapine e sacchi fatti al paese, e’ quali io vi metterò in modo innanzi agli occhi, che piú sará maraviglia che questi giudici, che questo popolo ti possa guardare, ti possa udire, che non sarebbe se tutta la cittá non potendo sopportare tante sceleratezze e che una peste sí pestifera stessi tra noi, ti corressi furiosamente a casa o facessi sentire a te, alle facultá ed alle figliuole tue giustamente quelli medesimi mali che per tua colpa hanno sentito ingiustamente tanti altri; io dico che messer Francesco Guicciardini ha rubato in questa guerra somma infinita di danari nella nostra comunitá; ha per potergli rubare concesso a’ nostri soldati che vivino a discrezione nel nostro paese, che non vuole dire altro che avergli consentito che rubassino e saccheggiassino ogni cosa come di inimici; e quella autoritá che gli era stata data per difendere e conservare lo stato nostro l’abbia usata a metterlo in preda. Credo che el medesimo abbia fatto in quello della Chiesa; ma io non mi querelo delle ingiurie di altri, perché le nostre sono sí grandi che abbiamo da fare pure troppo a risentirci de’ nostri mali. Non parlo calunniosamente, non