Pagina:Guicciardini, Francesco – Scritti autobiografici e rari, 1936 – BEIC 1843787.djvu/73

Da Wikisource.

ricordanze 67

grande, massime essendo fondate in su mercatantie e guadagni ordinari e ragionevoli, cosa di molto favore e di che si pasce e nutricasi el popolo; l’avere e per conto della casa e per le sorelle e donna sua e per conto delle figliuole, parenti assai e delle piú fiorite case della cittá; avere uno numero infinito di amici, parte per dependenzie delle faccende sue, parte a chi aveva fatti piaceri e benefici, che era molto servente, parte per speranza avevano in lui; una fede grande negli uomini da bene, per esser tenuto uomo costante, schietto e libero; una grazia e benivolenzia grande e molto universale. Alle quali cose aveva giovato e giovava del continuo la unione ed intrinsichezza con Iacopo Salviati suo cugino, uomo potente e di qualitá grande: perché essendo vivuti insieme con grande benivolenzia e con avere governato sempre communemente le cose proprie, si avevano fatto l’uno all’altro in ogni occorrenzia tanto favore, che di qui si poteva dire essere in gran parte procedute le facultá, gli amici, e’ parenti e la riputazione, la quale nell’uno e l’altro di loro era grandissima. In Alamanno erano assai queste parte naturalmente; di poi si erano molto scoperte e cognosciute quando fu de’ signori ne’ casi di Arezzo, nel quale tempo con somma laude medicò e’ disordini publici e nella cittá e fuora, come piú particularmente nella narrazione nostra si fa menzione. In ultimo multiplicorono in infinito ed accrebbegli sommamente la riputazione ed el favore nella recuperazione di Pisa; per la qual cosa dolse assai alla cittá ed in ogni grado di uomini la morte sua, e tanto piú quanto morí nella gloria fresca di Pisa per infermitá lunga e compassionevole e contratta in quella espedizione, e per lasciare nove figliuole femine delle quali cinque non erano maritate; e massime sendo nel fiore delle faccende e della etá, che aveva di poche settimane finiti anni 49. E molti anni innanzi non era morto cittadino con tanto dolore publico, e meritamente, perché in lui due cose erano verissime: l’una che se bene a Firenze erano forse degli uomini che lo eccedessino in qualcuna delle buone parte che aveva, nondimeno congiunto ogni cosa, non vi era cittadino che lo equiparassi;