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libro primo - capitolo xvi 25


all’altro, che è tutto contrario alle libertá sotto le quale sono gli uomini assai equali. Ma sotto el principato alcuni sono grandissimi, altri piccoli, perché el principe o per bisogno o per conformitá di animo ha uno cerchio di uomini che si accostano quasi piú al principe che al privato.

È adunche questa inequalitá molto disproporzionata alla libertá in uno popolo che sempre abbia avuto principato, la quale non può essere in una cittá che non sia stata in molto lunghissima servitú; perché communemente chi occupa le libertá, per disperare manco el popolo, per violentare manco le cose, ritiene quanto può la immagine della libertá, e secondo la superficie delle cose, si ingegna governare la tirannide a uso di republica, e però non si spegne al tutto la equalitá de’ cittadini. Né mi siano allegati in contrario e’ romani che si accommodorono bene alla libertá ancora che mai non l’avessino cognosciuta, perché dal transferire la potestá de’ re a’ consuli in fuora, non mutorono niente degli ordini che erano sotto e’ re; e’ quali se furono buoni, non nacque tanto da prudenzia loro, quanto da buona fortuna, da essere stati gli ordini del regno tali che servirono anche alla libertá; e la creazione de’ consuli si crede non fussi invenzione loro ma imparata de’ commentari di Servio Tullio. Mostrasi questo essere vero, perché gli altri ordini che furono necessari alla conservazione della libertá ed alla quiete della cittá, ma gli feciono in progresso di tempo stretti dalla necessitá ed ammaestrati dalla esperienzia. Né mancò a’ romani quell’altro aculeo a desiderare la libertá, cioè l’avere provato le ingiurie della tirannide, perché non occasione o altro accidente gli mosse, che l’avere sentito sotto Tarquinio acerbissima servitú. Ed è anche minore maraviglia che fussino inclinati alla libertá, perché in quelli tempi quasi tutti e’ popoli vicini erano liberi; e’ quali esempli muovono ed infiammano gli uomini assai.

È adunche difficile conservare una libertá acquistata di nuovo, e molto piú difficile a uno popolo stato in continua servitú, che a quello che qualche volta è stato libero; né ci