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piú chi delibera presto che chi delibera tardi; ma da riprendere è sommamente la tarditá dello esequire, poi che si è fatta la resoluzione, la quale si può dire che nuoca sempre e non giovi mai se non per accidente; e ve lo dico perché ve ne guardiate, atteso che in questo molti errano o per ignavia, o per fuggire molestia, o per altra cagione.

192. Pigliate nelle faccende questa massima, che non basti dare loro el principio, lo indirizzo, el moto, ma bisogna seguitarle e non le staccare mai insino al fine, e chi le accompagna cosí non fa anche poco a conducerle a perfezione. Ma chi negozia altrimenti le presuppone talvolta finite, che a pena sono cominciate o difficultate; tanta è la negligenzia, la dapocaggine, la tristizia degli uomini, tanti gli impedimenti e le difficultá che di sua natura hanno le cose. Usate questo ricordo: m’ha fatto talvolta grande onore, come fa vergogna grande a chi usa el contrario.

193. Avvertisca sopra tutto chi tiene pratiche contro agli stati a non le tenere con lettere, perché spesso sono intercette e fanno testimonio che non si può negare; e benché ci siano oggi molti modi cauti di scrivere, sono anche molto in luce le arte del ritrovargli. Piú sicuro assai è a adoperare uomini propri che lettere, e però è troppo difficile e pericoloso agli uomini privati entrare in queste pratiche, perché non hanno copia d’uomini a chi commettere, e di quelli pochi non si possono molto fidare, perché è troppo guadagno e poca perdita ingannare privati per fare piacere a’ príncipi.

194. Se bene bisogna procedere alle cose pesatamente, non si vuole però proporsi nelle faccende tanta difficultá che l’uomo, pensando non possino riuscire, si fermi; anzi, bisogna ricordarsi che nel maneggiare si scuopre piú facilitá, e che faccendo, le difficultá per sé medesime si sgruppano. E questo è verissimo, e chi negocia lo vede tuttodí in fatto; e se papa Clemente se ne ricordassi, conducerebbe spesso le cose sue e piú in tempo con piú riputazione.