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32 discorsi del machiavelli

CAPITOLO XXV

[Chi vuole riformare uno stato anticato in una cittá libera, ritenga almeno l’ombra de’ modi antichi.]

La conclusione del Discorso è piú necessaria a chi non muta spezie di governo, ma lo riforma, verbigrazia a chi vuole introdurre nuovi ordini in una cittá libera, che a chi muta spezie di governo; perché se di uno regno io introduco una libertá come feciono e’ romani, essendo giá nella opinione degli uomini che quello vivere non sia buono, non accade conservare sí esattamente gli ordini antichi. E lo esemplo de’ littori e del re sacrificulo non sono di molto momento; perché nell’uno s’ebbe rispetto alla superstizione che potevano avere gli uomini nella religione, nell’altro non sarebbe stato tollerabile che mutando la potestá regia come troppa, si armassino e’ consuli con insegne di maggiore potestá.

CAPITOLO XXVI

[Uno principe nuovo, in una cittá o provincia presa da lui, debbe fare ogni cosa nuova.]

Sono alcune cittá o regni e’ quali tengono poco conto delle mutazione del principe, né sono anche solite a essere governate sí legittimamente che non possino comportare uno principe che domini poco politicamente. In quelle che sono di questa sorte non sono necessari remedi sí forti, a fondare el principato, e se vi è alcuno particulare non contento della mutazione, uno principe savio ha molti modi di guadagnarlo, pure che questa displicenzia sia fondata in sul rispetto dello interesse proprio, perché non gli mancano modi a contentare gli uomini collo utile e con l’onore. Ma la difficultá è dove la inclinazione del popolo è tutta contraria al nuovo governo,