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libro primo - capitoli xxxii-xxxix 39


diamo tuttodí lo esemplo de’ príncipi nostri, e’ quali se bene communemente fanno le guerre per capitani, non gli accade però, o rarissime volte, uno di questi sinistri.

CAPITOLO XXXII

[Una republica o uno principe non debbe differire a beneficare gli uomini nelle sue necessitadi.]

Altro è con nuovi benefíci nel tempo della necessitá cercare di farsi piú amico uno che per lo ordinario ti sia amico, altro è cercare di guadagnarsi uno che totalmente ti sia inimico. Nel primo è molto piú facilitá, come intervenne a’ romani, el secondo è difficillimo; e nondimeno nel primo ancora è sanza comparazione piú utile averlo fatto innanzi al bisogno. Ma nell’uno caso e l’altro non biasimo chi è stato imprudente a non vi provedere prima, se condotto alla necessitá tenta questo rimedio, el quale se bene ha poca speranza di giovare, non ha con seco pericolo di nuocere.

CAPITOLO XXXIX

[In diversi popoli si veggano spesso i medesimi accidenti.]

Io non credo che la querela de’ fiorentini contro al magistrato de’ dieci fussi al tutto sanza ragione; perché secondo gli ordini antichi della cittá fatti in diversa spezie di governo, quello magistrato aveva piú autoritá che non comportava una libertá bene ordinata, essendo in potestá loro fare sanza participazione di altri, pace, guerre, triegue, leghe, soldare capitani chi e quanti e come volevono, spendere tutti e’ danari sanza alcuno stanziamento o freno, ed avendo generalmente nelle cose appartenenti alla guerra tanta autoritá, quanta el popolo fiorentino. Dalla quale autoritá troppo assoluta nacquono