Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. I, 1929 – BEIC 1845433.djvu/181

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libro secondo — cap. ix 175

comoditá dell’alloggiare restate tra il fiume e la cittá di Piacenza dugento lancie i svizzeri e quasi tutta l’artiglieria, la notte il fiume per le pioggie crebbe tanto che, nonostante l’estrema diligenza fatta da loro, fu impossibile che o fanti o cavalli passassino se non dopo molte ore del dí, né questo senza difficoltá benché l’acqua fusse cominciata a diminuire: nondimeno non furono assaltati né dall’esercito inimico che era lontano, né dal conte di Gaiazzo, che era entrato in Piacenza per sospetto che e’ non vi si facesse qualche movimento: sospetto non al tutto senza cagione, perché si crede che se Carlo, seguitando il consiglio del Triulzio, avesse spiegate le bandiere e fatto chiamare il nome di Francesco, piccolo figliuolo di Giovan Galeazzo, sarebbe nata in quello ducato facilmente qualche mutazione; tanto era grato il nome di colui che avevano per legittimo signore e odioso quello dell’usurpatore, e di momento il credito e l’amicizie del Triulzio. Ma il re, essendo intento solamente al passare innanzi, non voluto udire pratica alcuna, seguitò con celeritá il suo cammino; con non piccolo mancamento, da’ primi dí in fuora, di vettovaglie, perché di mano in mano trovava le terre meglio guardate, avendo Lodovico Sforza distribuiti, parte in Tortona, sotto Guasparri da San Severino cognominato il Fracassa, parte in Alessandria, molti cavalli e mille dugento fanti tedeschi levati dal campo di Novara; ed essendo i franzesi, poi che ebbono passata la Trebbia, stati sempre infestati alla coda dal conte di Gaiazzo, che aveva aggiunto a’ suoi cavalli leggieri cinquecento fanti tedeschi che erano alla guardia di Piacenza: non avendo potuto ottenere che gli fussino mandati dall’esercito tutto il resto de’ cavalli leggieri e quattrocento uomini d’arme, perché i proveditori viniziani, ammuniti dal pericolo corso in sul fiume del Taro, non vollono consentirlo. Pure i franzesi, avendo quando furno vicini ad Alessandria preso il cammino piú alto verso la montagna, dove ha meno acqua il fiume del Tanaro, si condusseno senza perdita d’uomini o altro danno, in otto alloggiamenti, alle mura d’Asti; nella quale cittá entrato il re alloggiò la gente di guerra in campagna, con intenzione