Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. I, 1929 – BEIC 1845433.djvu/333

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libro quarto — cap. vi 327

confortati e stimolati, non posso persuadermi che non si conosca per ciascuno essere necessario fare ogni opera possibile per vendicarcene. Perché quale infamia potrebbe essere maggiore che, tollerando pazientemente tante ingiurie, mostrarci a tutto il mondo dissimili dalla generositá de’ nostri maggiori? i quali, qualunque volta provocati da offese benché leggiere, non ricusorono mai di mettersi a pericolo per conservare la dignitá del nome viniziano; e ragionevolmente, perché le deliberazioni delle republiche non ricercano rispetti abietti e privati, né che tutte le cose si riferischino all’utilitá, ma fini eccelsi e magnanimi per i quali si augumenti lo splendore loro e si conservi la riputazione, la quale nessuna cosa piú spegne che il cadere nel concetto degli uomini di non avere animo o possanza di risentirsi delle ingiurie, né di essere pronto a vendicarsi: cosa sommamente necessaria, non tanto per il piacere della vendetta quanto perché la penitenza di chi ti ha offeso sia tale esempio agli altri che non ardischino provocarti. Cosí viene in conseguenza congiunta la gloria con l’utilitá, e le deliberazioni generose e magnanime riescono anche piene di comoditá e di profitto; cosí una molestia ne leva molte, e spesso una sola e breve fatica ti libera da molte e lunghissime. Benché se noi consideriamo lo stato delle cose d’Italia, la disposizione di molti príncipi contro a noi, e le insidie le quali continuamente si ordinano per Lodovico Sforza, conosceremo che non manco la necessitá presente che gli altri rispetti ci conduce a questa deliberazione. Perché egli, stimolato dalla sua naturale ambizione e dall’odio che ha contro a questo eccellentissimo senato, non vegghia non attende ad altro che a disporre gli animi di tutti gli italiani, che a concitarci contro il re de’ romani e la nazione tedesca: anzi giá comincia per il medesimo effetto a tenere pratiche col turco. Giá vedete per opera sua con quante difficoltá, e quasi senza speranza, si sostenga la difesa di Pisa e la guerra nel Casentino, la quale se si continua incorriamo in gravissimi disordini e pericoli, se si abbandona senza fare altro fondamento alle cose nostre è con tanta diminuzione di riputazione che si