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e de’ viniziani che come re de’ romani passò in Italia. Fu perseguitato tra Como e Bormio dalle genti franzesi e dalla compagnia del conte di Gaiazzo; da’ quali luoghi, lasciata guardia nella fortezza di Tiranno, che fu pochi dí poi occupata da’ grigioni, si indirizzò verso Spruch, dove intendeva essere la persona di Cesare.

Dopo la partita di Lodovico i milanesi, mandati subitamente imbasciadori a’ capitani approssimatisi giá con l’esercito a sei miglia alla cittá, consentirono di ricevergli liberamente; riservando il capitolare alla venuta del re, dal quale, procedendo solamente con la misura dell’utilitá propria, speravano immoderate grazie ed esenzioni; e il medesimo feceno senza dilazione tutte l’altre terre del ducato di Milano. Volle e la cittá di Cremona, essendo circondata dalle genti de’ viniziani, lo imperio de’ quali abborriva, fare il medesimo; ma non volendo il re rompere la capitolazione fatta co’ viniziani, fu necessitata arrendersi a loro. Seguitò Genova la medesima inclinazione, facendo a gara il popolo gli Adorni e Gianluigi dal Fiesco di essere gli autori principali di darla al re. E perché contro a Lodovico si dimostrasse non solo una rovina sí repentina e sí grande, avendo in venti dí perduto sí nobile e sí potente stato, ma ancora tutti gli esempli di ingratitudine, il castellano di Milano, eletto da lui per il piú confidato tra tutti i suoi, senza aspettare né uno colpo di artiglieria né alcuna specie di assalto, dette, il duodecimo dí dalla partita sua, al re di Francia il castello che era tenuto inespugnabile, ricevuta in premio di tanta perfidia quantitá grande di danari la condotta di cento lancie provisione perpetua e molte altre grazie e privilegi, ma con tanta infamia e con tanto odio, eziandio appresso a’ franzesi, che, rifiutato da ognuno come di fiera pestifera e abominevole il suo commercio, e schernito per tutto dove arrivava con obbrobriose parole, tormentato dalla vergogna e dalla coscienza (potentissimo e certissimo flagello di chi fa male), passò non molto poi per dolore all’altra vita. Parteciporno di questa infamia i capitani che con lui erano rimasti nel castello, e sopra gli altri Filippino dal