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libro quarto — cap. xii 377

in feudo della Chiesa romana; il cui esempio seguitando Ruggieri, uno de’ suoi successori, e avendo scacciato del ducato di Puglia e di Calavria Guglielmo della medesima famiglia e occupata poi la Sicilia, riconobbe, circa l’anno mille cento trenta, queste provincie in feudo dalla Chiesa sotto titolo di re di ambedue le Sicilie, l’una di lá l’altra di qua dal Faro: non ricusando i pontefici di fomentare, per la ambizione e utilitá propria, l’altrui usurpazione e violenza. Con le quali ragioni pretendendo sempre piú oltre (come non mai si ferma la cupiditá umana) cominciorono i pontefici a privare di quegli regni alcuni de’ re contumaci a’ loro comandamenti e a concedergli ad altri; nel quale modo pervennono in Enrico figliuolo di Federigo Barbarossa e da Enrico in Federico secondo suo figliuolo, tutt’a tre successivamente imperadori romani.

Ma essendo Federigo diventato acerrimo persecutore della Chiesa, e suscitate a’ tempi suoi in Italia le fazioni guelfa e ghibellina, dell’una delle quali era capo il pontefice dell’altra lo imperadore, il pontefice, morto Federigo, concedette la investitura di questi regni a Carlo conte d’Angiò e di Provenza, del quale di sopra è stata fatta menzione, con censo di oncie seimila d’oro per ciascuno anno, e con condizione che per l’avvenire alcuno di quegli re non potesse accettare lo imperio romano; la quale condizione è stata poi sempre specificata nelle investiture; benché il regno dell’isola di Sicilia, occupato dai re di Aragona, si separò, dopo pochi anni, nel censo e nella recognizione del feudo, dalla ubbidienza della Chiesa. Ha anche ottenuto la fama, benché non tanto certa quanto sono le cose precedenti, che molto prima la contessa Matelda, principessa in Italia molto potente, donò alla Chiesa quella parte della Toscana la quale, terminata dal torrente di Pescia e dal castello di San Quirico nel contado di Siena da una parte, e dall’altra dal mare di sotto e dal fiume del Tevere, è oggi detta il patrimonio di San Piero; e aggiungono altri che dalla medesima contessa fu donata alla Chiesa la cittá di Ferrara. Non sono certe queste ultime cose: ma è ancora piú