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libro sesto ‐ cap. xvi 163

e tanta virtú. Però, cominciando per viltá a recusare di appresentarsi alla muraglia quello colonnello di fanti a’ quali, per sorte gittata tra loro, aspettava il primo assalto, né l’autoritá né i prieghi del capitano e del commissario fiorentino, né il rispetto dell’onore proprio né dell’onore comune della milizia italiana, furono bastanti a fargli andare innanzi. L’esempio de’ quali seguitando gli altri che avevano ad appresentarsi dopo loro, si ritirorono le genti agli alloggiamenti: non avendo fatto altro che, col farsi i fanti italiani infami per tutta Europa, corrotta la felicitá della vittoria ottenuta contro all’Alviano, e annichilata la reputazione del capitano e del commissario, che appresso a’ fiorentini era grandissima, se contenti della gloria acquistata avessino saputo moderare la prospera fortuna. Ritirati agli alloggiamenti, non fu dubbia la deliberazione del levare il campo; massime che il dí medesimo erano entrati in Pisa, per comandamento avuto dal gran capitano, secento fanti spagnuoli di quegli che erano a Piombino. Però il dí seguente l’esercito fiorentino si ritirò a Cascina, con grandissimo disonore, e pochi dí poi entrorno di nuovo in Pisa mille cinquecento fanti spagnuoli; i quali, poiché non era necessario il presidio loro, dato che ebbono per suggestione de’ pisani uno assalto invano alla terra di Bientina, continuorono la navigazione sua in Ispagna: dove erano mandati dal gran capitano, perché giá era fatta la pace tra il re di Francia e Ferdinando re di Spagna.


XVI

Matrimonio di Ferdinando d’Aragona con Germana di Fois e patti di pace tra Ferdinando e il re di Francia. Ippolito d’Este fa levare gli occhi al fratello naturale don Giulio per gelosia d’amore.

Alla quale, rimosse tutte le difficoltá che prima avevano impedito, cioè il rispetto dell’onore del re di Francia e il timore di non alienare da sé l’animo dell’arciduca, aveva trovato modo facile la morte della reina di Spagna: perché e il