Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. II, 1929 – BEIC 1846262.djvu/227

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libro settimo ‐ cap. x 221

siderare che a lui sarebbe inutile deliberazione, per acquistare due o tre cittá, mettere in Italia il re de’ romani inimico naturale suo, e dal quale sempre alla fine ará molestie e guerre né mai amicizia se non incerta, e che cosí incerta gli bisognerá comperare e sostenere con somma infinita di denari: perché, se ha sospetto che noi non ci uniamo col re de’ romani, gli parrá che il prevenire non lo metta in pericolo ma lo assicuri; anzi, quando bene non temesse di questa unione, giudicherá forse necessario confederarsi seco per liberarsi dai travagli e pericoli che potesse avere da lui, o con l’aiuto della Germania o con altre aderenze e occasioni; e con tutto che potessino succedergli maggiori pericoli se il re de’ romani cominciasse a fermare piede in Italia, è natura comune degli uomini temere prima i pericoli piú vicini e stimare piú che non conviene le cose presenti, e tenere minore conto che non si debbe delle future e lontane, perché a quelle si possono sperare molti rimedi dagli accidenti e dal tempo. Dipoi, quando bene il fare questa unione non fusse utile per il re di Francia, non siamo però sicuri che egli non l’abbia a fare. Non sappiamo noi quanto ora la paura ora la cupiditá acciecano gli uomini? non conosciamo noi la natura de’ franzesi, leggieri a imprese nuove, e che non hanno mai la speranza minore del desiderio? non ci sono noti i conforti e l’offerte, bastanti ad accendere ogni animo quieto, con le quali è stimolato contro a noi da’ milanesi dal papa da’ fiorentini dal duca di Ferrara e dal marchese di Mantova? Gli uomini non sono tutti savi, anzi sono pochissimi i savi; e chi ha a fare pronostico delle deliberazioni d’altri debbe, non si volendo ingannare, avere in considerazione non tanto quello che verisimilmente farebbe uno savio quanto quale sia il cervello e la natura di chi ha a deliberare. Però, chi vuole giudicare quello che fará il re di Francia, non avvertirá tanto a quello che sarebbe ufficio della prudenza quanto che i franzesi sono inquieti e leggieri, e soliti a procedere spesso piú con caldezza che con consiglio. Considererá quali sieno le nature de’ príncipi grandi, che non sono simili alle nostre, né resistono sí