Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. II, 1929 – BEIC 1846262.djvu/245

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libro settimo ‐ cap. xii 239

usciti furiosamente ad assaltarla e rotti i fanti che la guardavano, ne tirorno con grande ferocia due pezzi agli alloggiamenti loro; donde i viniziani inviliti, e giudicando anche vana l’oppugnazione, nella quale avevano perduti molti uomini, si ritirorno a Roveré: e i tedeschi si ritornorono a Trento, e pochi dí poi se ne disperse la maggiore parte. E le genti della dieta, delle quali, per venire chi piú presto e chi piú tardi, non ne erano mai stati insieme quattromila uomini (perché quasi tutti quegli che si messono insieme a Trento e a Cadoro erano de’ paesi circostanti), finiti i loro sei mesi se ne ritornavano alle case loro; e la maggiore parte de’ fanti comandati facevano il medesimo. Né Massimiliano, occupato a andare da luogo a luogo per vari pensieri e provisioni, era mai stato presente a queste cose; anzi rimessa la dieta di Olmo a tempo piú comodo, confuso tra se medesimo e pieno di difficoltá e di vergogna, se ne era andato verso Colonia, essendo stato occulto piú dí dove si trovava la persona sua, né potendo resistere con le forze sue a questo impeto, avendo perduto tutto quello teneva in Friuli e l’altre terre vicine, abbandonato da ciascuno, e in pericolo le cose di Trento, se le genti franzesi fussino volute congiugnersi con l’esercito viniziano a offenderlo. Ma il Triulzio, per comandamento del re che aveva fisso nell’animo piú di placare che di provocare, non volle passare piú oltre di quel che fusse necessario per la difesa de’ viniziani.

Aveva Cesare, vedendosi abbandonato da tutti e desideroso di levarsi in qualche modo dal pericolo, insino quando le genti sue furono rotte a Cadoro, mandato Pré Luca suo uomo a Vinegia a ricercare di fare tregua con loro per tre mesi; la quale dimanda era stata sprezzata da quel senato, disposto a non fare tregua per minore tempo di uno anno, né in modo alcuno se medesimamente non vi si comprendeva il re di Francia: ma crescendo i suoi pericoli, perduto giá Triesti, e ogni cosa succedendo in peggio, il vescovo di Trento, come da sé, invitò i viniziani a fare tregua, proponendo che con questo fondamento si aveva da sperare di potere fare la