Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. II, 1929 – BEIC 1846262.djvu/25

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libro quinto ‐ cap. iv 19

d’altri. Il quale accordo fatto, andò a Signa, facendo piccole giornate, e dimorando in ogni alloggiamento qualche dí e danneggiando con incendi e con prede il paese non manco che se fusse stato scoperto inimico, dimandava, secondo l’uso de’ pagamenti che si fanno alle genti d’arme, la quarta parte de’ danari che si dovevano in uno anno, e di essere accomodato di artiglierie per condurle contro a Piombino: una delle quali dimande ricusavano apertamente i fiorentini perché non vi erano obligati, l’altra differivano perché erano in animo di non osservare le promesse fatte per forza, e per avvisi che aveano ricevuti dallo oratore loro che era appresso al re di Francia speravano essere, con l’autoritá sua, liberati da questa molestia. La quale speranza non riuscí vana, perché al re era stato grato che il Valentino gli minacciasse ma non che gli assaltasse; e o gli sarebbe stata molesta la mutazione del governo presente o, se pure avesse desiderata altra forma di reggimento in Firenze, gli sarebbe dispiaciuto fusse stato introdotto con altre forze o con altra autoritá che con la sua: e però, come gli pervenne la notizia che ’l Valentino era entrato nel dominio fiorentino, gli comandò che ne uscisse subitamente, e a Obigní, che era giá in Lombardia con l’esercito, che, in caso non ubbidisse, andasse con tutte le forze a farlo partire. Per il che Valentino, non avuto il quartiere, si dirizzò verso Piombino; e ordinò che i pisani, i quali per opera di Vitellozzo, mandato a Pisa da lui per condurre allo esercito artiglierie, erano andati a campo alle Ripomarancie castello de’ fiorentini, se ne levassino. Entrato nel territorio di Piombino, prese Sughereto, Scarlino e l’isole dell’Elba e di Pianosa; e lasciate ne’ luoghi occupati genti sufficienti a difenderli e a molestare continuamente Piombino, se ne andò con l’altre in terra di Roma, per seguitare all’impresa di Napoli l’esercito del re: del quale una parte condotta da Obigní era per la via di Castrocaro entrata in Toscana, l’altra per la Lunigiana; contenendo tutto l’esercito, quando era unito, mille lancie quattromila svizzeri e seimila altri tra fanti franzesi e guasconi, e, secondo il solito loro, provisione grande d’arti-