Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. II, 1929 – BEIC 1846262.djvu/77

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libro quinto ‐ cap. xiii 71

tutti gli eserciti non potevano essere eletti soldati piú valorosi, né piú degni a fare sí glorioso paragone. Ma essendosi giá combattuto per non piccolo spazio e coperta la terra di molti pezzi d’armadure e di molto sangue di feriti da ogni parte, e ambiguo ancora l’evento della battaglia, risguardati con grandissimo silenzio, ma quasi con non minore ansietá e travaglio d’animo che avessino loro, da’ circostanti, accadde che Guglielmo Albimonte, uno degli italiani, fu gittato da cavallo da uno franzese; il quale mentre che ferocemente gli corre col cavallo addosso per ammazzarlo, Francesco Salamone correndo al pericolo del compagno ammazzò con uno grandissimo colpo il franzese, che intento a opprimere l’Albimonte da lui non si guardava; e di poi insieme con l’Albimonte che s’era sollevato, e col Miale che era in terra ferito, presi in mano spiedi che a questo effetto portati avevano, ammazzorono piú cavalli degl’inimici: donde i franzesi, cominciati a restare inferiori, furono chi da uno chi da un altro degli italiani fatti tutti prigioni. I quali, raccolti con grandissima letizia da’ suoi, e rincontrando poi Consalvo che gli aspettava a mezzo il cammino, ricevuti con incredibile festa e onore, ringraziandogli ciascuno come restitutori della gloria italiana, entrorono come trionfanti, conducendosi i prigioni innanzi, in Barletta; rimbombando l’aria di suono di trombe e di tamburi, di tuoni d’artiglierie e di plauso e grida militari: degni che ogni italiano procuri, quanto è in sé, che i nomi loro trapassino alla posteritá mediante lo instrumento delle lettere. Furono adunque Ettore Fieramosca capuano, Giovanni Capoccio, Giovanni Bracalone e Ettore Giovenale romani, Marco Corellario da Napoli, Mariano da Sarni, Romanello da Furlí, Lodovico Aminale da Terni, Francesco Salamone e Guglielmo Albimonte siciliani, Miale da Troia, e il Riccio e Fanfulla parmigiani; nutriti tutti nell’armi, o sotto i re d’Aragona o sotto i Colonnesi. Ed è cosa incredibile quanto animo togliesse questo abbattimento all’esercito franzese e quanto n’accrescesse allo esercito spagnuolo, facendo ciascheduno presagio, da questa esperienza di pochi, del fine universale di tutta la guerra.