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libro decimo - cap. xv 201

alla pace. Era arrivato il mandato del re di Inghilterra per il quale, spedito insino di novembre, dava facoltá al cardinale eboracense d’entrare nella lega; tardato tanto a venire per il lungo circuito marittimo, perché prima era stato in Spagna: e Cesare, di nuovo, dopo lunghe dubitazioni, aveva ratificato la tregua fatta co’ viniziani, accendendolo sopra tutto a questo le speranze dategli dal re cattolico e dal re di Inghilterra sopra il ducato di Milano e la Borgogna, e mandato Alberto Pio a Vinegia. Confermorno medesimamente non mediocremente la speranza del pontefice le speranze grandissime dategli dal re di Aragona; il quale, avendo avuta la prima notizia della rotta per lettere del re di Francia scritte alla reina (per le quali gli significava, Gastone di Fois suo fratello essere morto con somma gloria in una vittoria avuta contro agli inimici), e dipoi piú partitamente per gli avvisi de’ suoi medesimi, i quali per le difficoltá del mare pervenivano tardamente, e parendogli che il reame di Napoli ne rimanesse in grave pericolo, aveva deliberato di mandare in Italia con supplemento di nuove genti il gran capitano: al quale rimedio ricorreva per la scarsitá degli altri rimedi, perché, benché estrinsecamente l’onorasse, gli era per le cose passate nel regno napoletano poco accetto, e per la grandezza e autoritá sua sospetto. Adunque, quando al pontefice confermato da tante cose pervenne il secretario del vescovo di Tivoli co’ capitoli trattati, e dandogli speranze che anche le limitazioni aggiunte dal re per moderare l’infamia dell’abbandonare la protezione di Bologna si ridurrebbono alla sua volontá, deliberato al tutto non gli accettare, ma rispetto alla sottoscrizione sua e alla fede data al collegio simulando il contrario, come contro alla fama della sua veracitá usava qualche volta di fare, gli fece leggere nel concistorio, dimandando consiglio da’ cardinali. Dopo le quali parole il cardinale arborense spagnuolo e il cardinale eboracense (aveano cosí prima occultamente convenuto con lui), parlando l’uno in nome del re d’Aragona l’altro in nome del re di Inghilterra, confortorno il pontefice a perseverare nella costanza, né abbandonare la causa della