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libro undecimo - cap. iv 231

dine e crudeltá de’ quali non sarebbe stata salva cosa alcuna se il cardinale de’ Medici, messe guardie alla chiesa maggiore, non avesse conservata l’onestá delle donne, le quali quasi tutte vi erano rifuggite. Morirno non combattendo, perché alcuno non combatté, ma o fuggendo o supplicando, piú di duemila uomini; tutti gli altri insieme col commissario fiorentino furno prigioni. Perduto Prato, i pistolesi, non si partendo nell’altre cose dal dominio de’ fiorentini, convennono di dare vettovaglia al viceré, ricevendo promessa da lui che non sarebbono molestati.

Ma a Firenze, come si intese il caso succeduto (per il quale gli imbasciadori che andavano al viceré, essendo a mezzo il cammino, ritornorno indietro), fu negli animi degli uomini grandissima alterazione. Il gonfaloniere, pentitosi della vanitá del suo consiglio, spaventato e perduta quasi del tutto la riputazione e l’autoritá, retto piú presto che rettore e irresoluto, si lasciava portare dalla volontá degli altri, non provedendo a cosa alcuna né per la conservazione di se medesimo né per la salute comune; altri desiderosi della mutazione del governo, preso ardire, biasimavano publicamente le cose presenti: ma la maggiore parte de’ cittadini, non assueta all’armi e avendo innanzi agli occhi l’esempio miserabile di Prato, benché amatrice del reggimento popolare, stava per timore esposta a essere preda di chi volesse opprimerla. Dalle quali cose fatti piú audaci Paolo Vettori e Antonio Francesco degli Albizi, giovani nobili, sediziosi e cupidi di cose nuove, i quali giá molti mesi si erano occultamente congiurati con alcuni altri in favore de’ Medici, e per convenire con loro del modo di rimettergli erano stati secretamente a parlamento in una villa del territorio fiorentino vicina al territorio de’ sanesi con Giulio de’ Medici, si risolverono di fare esperienza di cavare per forza il gonfaloniere del palazzo publico; e comunicato il consiglio loro con Bartolomeo Valori, giovane di simili condizioni e implicato per il troppo spendere, come era anche Paolo, in molti debiti, la mattina del secondo dí dalla perdita di Prato, che fu l’ultimo dí di agosto, entrati con pochi compagni in palazzo, dove, per