Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. |
libro undecimo - cap. x | 265 |
perassino interamente tutto quello possedevano, innanzi alla lega di Cambrai, in Lombardia e nella marca trivisana; e che al re s’appartenessino Cremona e la Ghiaradadda. La quale confederazione subito che fu stipulata, andorno a Susa Giaiacopo da Triulzi e Bartolomeo d’Alviano, l’uno per andare poi per la via piú sicura a Vinegia, l’altro per unire quivi l’esercito destinato alla guerra, che era mille cinquecento lancie ottocento cavalli leggieri e quindicimila fanti (ottomila tedeschi, gli altri franzesi); tutti sotto il governo di [monsignore] della Tramoglia, deputato dal re, perché le cose procedessino con maggiore riputazione, suo luogotenente.
X
Faceva in questo tempo medesimo il re, con sommi prieghi, instanza col pontefice che non gli impedisse la recuperazione del suo ducato, offerendogli non solamente che dopo la vittoria non procederebbe piú oltre ma che sempre farebbe la pace ad arbitrio suo. Le quali cose benché il pontefice udisse benignamente e che, acciò che con maggiore fede fussino ricevute le parole sue, usasse a trattare col re l’opera e il mezzo di Giuliano suo fratello, nondimeno molte cose lo facevano sospetto al re: la memoria delle cose precedenti al pontificato; l’avere il pontefice, subito che fu assunto, mandato a lui Cintio suo familiare con uno breve e con umane commissioni, ma tanto generali che arguivano non avere l’animo inclinato a lui: l’avere il pontefice consentito che Prospero Colonna fusse eletto capitano generale del duca di Milano, il che Giulio, per l’odio contro a’ Colonnesi, aveva sempre vietato. Insospettivalo molto piú, che il pontefice aveva significato al re di Inghilterra volere continuare nella confederazione fatta con