Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. III, 1929 – BEIC 1846967.djvu/321

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libro duodecimo - cap. iv 315

se in potestá del padre o del suocero doveva stare [la sposa] insino al tempo abile alla consumazione del matrimonio, perché ritenendola il padre nessuna sicurtá dello difficoltá effetto pareva avere a Cesare: e il re, insino che gli restava qualche speranza che la fama di questo maneggio, la quale egli studiosamente divulgava, potesse per lo interesse proprio mitigare in beneficio suo gli animi degli altri, nutriva volentieri le difficoltá che vi nascevano. Venne a lui Quintana, secretario del re cattolico, quello che per le medesime cagioni vi era stato l’anno dinanzi; e dipoi passato con suo consentimento a Cesare, ritornò di nuovo al re di Francia. Alla ritornata del quale, perché si potessino con maggiore comoditá risolvere le difficoltá della pace, il re e Quintana in nome del re cattolico prorogorono per un altro anno la tregua fatta l’anno passato con le medesime condizioni; alle quali si aggiunse, molto secretamente, che durante la tregua non potesse il re di Francia molestare lo stato di Milano; nel quale articolo non si includeva né Genova né Asti. La quale condizione, tenuta occulta da lui, fu publicata e bandita solennemente dal re cattolico per tutta Spagna; incerti gli uomini quale fusse piú vera, o la negazione dell’uno o l’affermazione dell’altro. Fu nella medesima convenzione riservato tempo di tre mesi a Cesare e al re di Inghilterra d’entrarvi, i quali affermava il Chintana che vi entrerebbono amendue: il che, quanto al re di Inghilterra, si diceva vanamente; ma a Cesare aveva persuaso il re d’Aragona, resoluto sempre a non volere la guerra di verso Spagna, non si potere con migliore via ottenere il maritaggio che si trattava.