Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. III, 1929 – BEIC 1846967.djvu/383

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libro duodecimo - cap. xviii 377

con quegli che erano in Brescia, che se infra trenta dí non fussino soccorsi abbandonerebbono la cittá, uscendone, cosí permettevano i viniziani, con le bandiere spiegate con l’artiglierie e con tutte le cose loro: la quale promessa, tale era la certezza della venuta del soccorso, sapeva ciascuno dovere essere vana, ma alla gente di Brescia non era inutile il liberarsi in questo mezzo dalle molestie. Messono dipoi i viniziani in Bré, castello de’ conti di Lodrone, ottomila fanti: ma come questi sentirno i fanti tedeschi, a’ quali si era arrenduto il castello di Amfo, venire innanzi, si ritirorno vilmente all’esercito. Né fu maggiore animo ne’ capitani: i quali, temendo in un tempo medesimo non essere assaltati da questi e da quegli che erano in Brescia e da Marcantonio co’ soldati che erano a Verona, si ritirorno a Ghedi; ove prima, giá certi di questo accidente, aveano mandate l’artiglierie maggiori, e quasi tutti i carriaggi. E i tedeschi, entrati in Verona senza contrasto, proveduta che l’ebbono di vettovaglie e accresciuto il numero de’ difensori, se ne ritornorono in Germania.


XVIII

Incontro del pontefice e del re di Francia a Bologna e questioni trattate. Ritorno del re in Francia; suoi accordi con gli svizzeri. Mutamento di governo in Siena.

Aveano in questo mezzo stabilito il pontefice e il re di convenire insieme a Bologna; avendo il re accettato questo luogo, piú che Firenze, per non si allontanare tanto dal ducato di Milano, trattandosi massimamente del continuo per il duca di Savoia la concordia tra i svizzeri e lui; e perché, secondo diceva, sarebbe necessitato, passando in Toscana, menare seco molti soldati; e perché conveniva all’onore suo non entrare con minore pompa in Firenze che giá vi fusse entrato il re Carlo, la quale per ordinare si interporrebbe dilazione di qualche dí, la quale al re era grave, e per altri rispetti; e