Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. III, 1929 – BEIC 1846967.djvu/59

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libro nono - cap. xi 53


Udí Ciamonte benignamente Giovanfrancesco dalla Mirandola, e lo rimandò il dí medesimo a Bologna, a significare le condizioni con le quali era contento di convenire: che ’l pontefice assolvesse Alfonso da Esti dalle censure, e tutti quegli che per qualunque cagione si erano intromessi nella difesa sua o nell’offesa dello stato ecclesiastico: liberasse medesimamente i Bentivogli dalle censure e dalle taglie, restituendo i beni che manifestamente a essi appartenevano: degli altri posseduti innanzi all’esilio si conoscesse in giudicio; e che avessino facoltá d’abitare in qualunque luogo piacesse loro, pure che non si appropinquassino a ottanta miglia a Bologna: non si alterasse nelle cose de’ viniziani quel che si disponeva nella confederazione fatta a Cambrai: che tra il pontefice e Alfonso da Esti si sospendessino l’armi almanco per sei mesi, ritenendo ciascuno quello possedeva; nel quale tempo le differenze loro si decidessino per giudici che si dovessino deputare concordemente; riservando a Cesare la cognizione delle cose di Modena, la qual cittá si deponesse incontinente in sua mano: Cotignuola si restituisse al re cristianissimo: liberassesi il cardinale di Aus, perdonassesi a’ cardinali assenti; e le collazioni de’ benefici di tutto il dominio del re di Francia si facessino secondo la sua nominazione. Con la quale risposta essendo ritornato il Mirandolano, ma non senza speranza che Ciamonte non persisterebbe rigorosamente in tutte queste condizioni, udiva pazientemente il pontefice, contro alla sua consuetudine, la relazione, e insieme i prieghi de’ cardinali che con ardore inestimabile lo supplicavano che, quando non potesse ottenere meglio, accettasse in questa maniera la composizione; ma da altra parte, lamentandosi essergli proposte cose troppo esorbitanti, e mescolando in ogni parola doglienze gravissime de’ viniziani, e dimostrando di stare sospeso consumava il dí senza esprimere quale fusse la sua deliberazione. Alzò la speranza sua che alla fine del dí entrò in Bologna Chiappino Vitello, con seicento cavalli leggieri de viniziani e una squadra di turchi che erano a’ soldi loro; il quale partito la notte dalla Stellata era venuto