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libro quartodecimo - cap. vii 115

quella parte dell’esercito che ancora non era passata (sono Bresselle e Colornio distanti sei miglia), arebbe avuta qualche preclara occasione. Ma nelle guerre si perdono infinite occasioni perché a’ capitani non sono sempre noti i disordini e le difficoltá degli inimici.

A Casalmaggiore pervenne, la notte medesima, il cardinale de’ Medici, mandato dal pontefice legato dell’esercito. Perché il pontefice, ancora che occultissimamente avesse giá cominciato a prestare l’orecchie allo imbasciadore del re di Francia, temendo che i successi avversi e l’essere rimasto sopra lui quasi tutto il peso della guerra non dessino causa a Cesare o a’ ministri di dubitare che egli, per uscire di tante difficoltá e pericoli, non volgesse l’animo a nuovi pensieri, giudicò niuna cosa potergli tanto assicurare, e per conseguente indurgli a procedere piú ardentemente alla guerra. La persona del quale, perché era il piú prossimo di sangue al pontefice e perché, con tutto che dimorasse quasi continuamente in Firenze, niuna cosa grave del pontificato si spediva senza sua partecipazione, portava seco quasi quella medesima autoritá che arebbe portata seco la persona propria del pontefice. Giovava questo medesimo a sostenere la riputazione declinata della impresa, e a provedere che con maggiore unione si deliberassino, per la presenza d’uomo di tanta grandezza, le cose da’ capitani: perché ogni dí appariva piú manifestamente la discordia tra Prospero Colonna e il marchese di Pescara; augumentata, oltre a altre cagioni, perché il marchese, levato che fu il campo a Parma, volendo trasferire in altri la infamia di quella deliberazione, aveva significato a Roma essere stato cosí deliberato senza consiglio o saputa sua.

Da Casalmaggiore, dopo il riposo di un dí, si mosse l’esercito per il cremonese per accostarsi al fiume dell’Oglio; al quale pervenne in quattro alloggiamenti; non essendo in questo mezzo accaduta cosa alcuna di momento, eccetto che, mentre alloggiavano alla villa che si dice la Corte de’ Frati, fu fatta grandissima quistione tra fanti spagnuoli e italiani, nella quale gli spagnuoli, piú col sapere usare l’opportunitá dell’occasione