Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. IV, 1929 – BEIC 1847812.djvu/192

Da Wikisource.
186 storia d'italia

che per le medesime cagioni venivano Anna di Memoransi, che fu poi gran conestabile di Francia, e Federico da Bozzole, gli oratori cesareo e inghilesi, a’ quali la dilazione era sospettissima, protestorono al senato che dopo tre dí prossimi si partirebbono, lasciando imperfette tutte le cose. Perciò il senato necessitato a determinarsi, e togliendo fede alle promesse del re di Francia l’essere stati tanti mesi nutriti con vane speranze, e molto piú quel che in contrario affermava lo imbasciadore residente appresso a lui, deliberò d’abbracciare l’amicizia di Cesare, col quale convenne con queste condizioni: che tra Cesare, Ferdinando arciduca d’Austria, Francesco Sforza duca di Milano da una parte e il senato viniziano dall’altra fusse perpetua pace e confederazione: dovesse il senato mandare, quando fusse il bisogno, alla difesa del ducato di Milano secento uomini d’arme secento cavalli leggieri e seimila fanti; il medesimo per la difesa del regno di Napoli, ma questo in caso fusse molestato da’ cristiani, perché i viniziani recusavano obligarvisi generalmente per non irritare contro a sé l’armi de’ turchi: la medesima obligazione avesse Cesare, per la difesa contro a qualunque, di tutte le cose che i viniziani possedevano in Italia: pagassino all’arciduca in otto anni, per conto di antiche differenze e concordia fatta a Vuormazia, dugentomila ducati. Le quali cose come furno convenute, il senato, avendo giá rimosso dagli stipendi suoi Teodoro da Triulzi, elesse governatore generale della sua milizia, con le condizioni medesime, Francesco Maria duca di Urbino.