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libro quintodecimodecimo - cap. xiii 247

presidio, per la propinquitá del duca di Albania il quale nel tempo medesimo avea passato il Po; ma il viceré e il marchese di Pescara per impedirle, gittato il ponte presso a Cremona, passorno il Po con secento uomini d’arme e ottomila fanti, alloggiando a Monticelli il primo dí: nondimeno, ritornorno presto di lá dal fiume, avendo sentito che il re per opporsi loro mandava Tommaso di Fois con una parte dello esercito. Dopo la partita de’ quali il duca di Albania passò, per il territorio di Reggio e la Carfagnana, l’Apennino; ma procedendo con lentezza tale che confermava l’opinione che il re, piú per indurre con questo timore i capitani di Cesare o a concordia o ad abbandonare le cose di Lombardia che per speranza di fare progressi, tentasse questa impresa. Unissi con lui presso a Lucca Renzo da Ceri con [tre]mila fanti venuti in sulla armata, alla quale nel passare si era arrenduta Savona e Varagine; e ritornata l’armata nella riviera occidentale di Genova teneva in sospetto quella cittá.

Séguita l’anno mille cinquecento venticinque. Nel principio del quale don Ugo di Moncada, partito da Genova con l’armata, scese in terra con tremila fanti a Varagine, dove erano a guardia alcuni fanti de’ franzesi; ma venendovi al soccorso l’armata franzese, della quale era capitano il marchese di Saluzzo, l’armata inimica essendo restata senza fanti si ritirò, però i fanti franzesi, scesi in terra, assaltati gli inimici e mortine molti, gli roppono, e presono don Ugo.

Nel principio dell’anno medesimo, il duca di Albania astrinse i lucchesi a pagargli dodicimila ducati e a prestargli certi pezzi di artiglierie; e dipoi proceduto piú innanzi per il dominio de’ fiorentini, da’ quali fu raccolto come amico, si fermò con lo esercito appresso a Siena: pregato a questo dal pontefice, il quale, poi che né con l’autoritá né con le armi poteva ovviare a quel che gli era molesto, si sforzava di condurre i suoi disegni con l’arte e con la industria. Non dispiaceva al pontefice che il re di Francia conseguisse il ducato di Milano, parendogli che, mentre stavano in Italia Cesare e il re, che la sedia apostolica e il suo pontificato fussino