Pagina:Guicciardini, Francesco – Storia d'Italia, Vol. V, 1929 – BEIC 1848561.djvu/12

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6 storia d'italia


Questa condizione miserabile, ed esercitata con tanta crudeltá, aveva disperato gli animi di tutto il ducato e specialmente quegli del popolo di Milano, non assuefatto, innanzi alla entrata del marchese di Pescara in Milano, a essere gravato di alimenti o di contribuzione per gli alloggiamenti de’ soldati; e il quale, essendo potente di numero e di armi, ancoraché non in quella frequenza che soleva essere innanzi alla peste, non poteva tollerare tanta insolenza e acerbissime esazioni: dalle quali per liberarsi, o almeno per moderarle in qualche parte, benché i milanesi avevano mandati a Cesare imbasciadori, erano stati espediti con parole generali ma senza alcuna provisione. Né mancava anche Milano, non gravato secondo la sua proporzione di quel numero di soldati che l’altre terre, avere a pagare denari per le spese publiche, cioè di quelle che accadesse fare per ordine de’ capitani per conservazione delle cose di Cesare: i quali denari esigendosi difficilmente, si usavano per i ministri proposti alle esazioni molte acerbitá. Per le quali cose essendo condotto il popolo in estrema disperazione si convenneno popolarmente tra loro medesimi di resistere con l’armi in mano alle esazioni, e che ciascuno che fusse gravato dagli esattori chiamasse i vicini a difenderlo; i quali tutti, e dietro a loro gli altri che fussino chiamati, concorressino, al comandamento de’ capitani deputati per molte parti della cittá, per resistere a quegli che facessino le esazioni e a’ soldati che volessino favorirgli. Il quale ordine poi che fu dato, accadde che uno fabbro della cittá, essendo andati gli esattori a gravarlo, concitò per sua difesa i vicini; dietro a’ quali concorrendo gli altri del popolo si fece per la cittá grandissima sollevazione: per la quale sedare essendo concorsi Antonio de Leva e il marchese del Guasto, e in compagnia loro alcuni de’ principali gentiluomini di Milano, si quietò finalmente il tumulto, ma ricevuta promessa da’ capitani che, contenti delle entrate publiche, non graverebbeno alcuno per altre imposizioni né metterebbeno in Milano altri soldati. Non durò questa concordia se non insino a l’altro giorno, perché essendo venuto avviso che alla cittá